Sliding door
C’è un momento nel tempo che si fissa nella mia mente come un’istantanea sbiadita, scolpita tra le pieghe di anni consumati, in un luogo dove il passato si annida come polvere sotto il tappeto. Una porta si apre, il cigolio sommesso delle sue cerniere rompe il silenzio, e io esco, quasi trascinato fuori dal peso di una discussione che ha consumato le parole, lasciandole esauste. Mi chiudo quella stanza alle spalle e, insieme, mi chiudo alle spalle il tumulto di ciò che è stato detto e, ancor più, di ciò che non lo è stato. Ho ancora il respiro affannoso, come dopo una corsa in salita, il cuore in tumulto, un battito irregolare che pare chiedersi se sia la decisione giusta.
Davanti a me la porta è di legno scuro, lucido, consumato, le sue venature marcate disegnano storie dimenticate, come le rughe su un volto antico. In quel legno si vede il passare del tempo, l’andare e venire di vite che vi si sono appoggiate, di mani che vi hanno lasciato segni sottili, quasi invisibili. Ciascun graffio, ciascuna crepa sembra sussurrare qualcosa che solo chi ha il coraggio di fermarsi può ascoltare. Ma io non mi fermo, e quella soglia diventa un confine, un limite tracciato tra ciò che sono stato fino a quel momento e ciò che potrei diventare da lì in avanti.
Varcarla è come un salto nel vuoto, un gesto che porta con sé il brivido del definitivo. Per un istante sento il peso di quella scelta addensarsi nel petto, come se quel passo fosse la fine e l’inizio di qualcosa di più grande. Potrei guardarmi indietro, lasciarmi attrarre dall’idea che forse, dietro quella porta, si nasconda una versione di me stesso che ha ancora bisogno di essere capita, ma so che c’è un rischio: il rischio di intrappolarmi nei giri tortuosi del rimpianto, di perdermi in un gioco crudele di "cosa sarebbe successo se".
Se potessi davvero camminare a ritroso nel tempo, so che quella porta non la riattraverserei. Ogni passo mi ricorda perché è giusto lasciarla chiusa. C’è un senso di irreversibilità in questo pensiero, un’intuizione che brilla come una luce fioca ma sicura. Il passato non è altro che una strada ingiallita dal tempo, coperta di foglie secche e di memorie smorzate, quelle che, a tratti, appaiono come fantasmi nella nebbia. È un luogo che sembra invitante, pieno di promesse, ma di promesse ormai scadute.
Dietro di me, come un’eco lontana, restano le voci spezzate e confuse, la cadenza amara di rimproveri, domande senza risposta e accuse scagliate come coltelli. Mi accompagnano come un’ombra e per un attimo mi viene la tentazione di fermarmi, di lasciarmi raggiungere da quei ricordi scomposti, di raccogliere ogni frammento, ogni parola sospesa nell’aria, e dare loro un senso. Ma poi mi ricordo che certe parole sono fatte per rimanere sospese, per perdersi nell’aria. Ci sono cose che vanno abbandonate dietro quella porta, affinché possano vivere solo nel ricordo, dove non possono più ferire.
Mentre mi allontano, sento che una parte di me è rimasta lì, lasciata su quel pavimento di legno, tra polvere e silenzi, come un vestito troppo stretto che non potevo più indossare. Ogni passo diventa una dichiarazione di libertà, un allontanarsi da una versione di me stesso che ormai non mi appartiene più. E anche se potrei fermarmi, girarmi e tornare indietro, so che sarebbe un errore fatale: ricadere nella rete ingannevole dei ricordi, nella tentazione di rileggere una storia che ormai non mi appartiene.
Così, senza voltarmi, continuo a camminare. Davanti a me si apre una strada ignota, un percorso che non conosco e che mi fa paura, eppure c’è in me una serenità sconosciuta, come un respiro profondo che schiude i polmoni dopo un lungo soffocamento. C’è, nella mia andatura, un ritmo nuovo, una leggerezza che non avevo mai provato. Ogni passo è la conferma di una scelta che mi libera, che mi rende parte di un tempo che finalmente posso chiamare "mio."
E in quell’andare avanti, in quella decisione di non tornare, trovo un senso di pace e di perdita insieme. È una sensazione ambigua, come un ricordo sfumato in una nebbia mattutina. Sento l’amaro di ciò che ho lasciato, ma anche la dolcezza di ciò che sto per scoprire. Ogni istante in cui sono libero di scegliere di andare avanti è un dono. Mi ricorda che c’è una forza nascosta nella capacità di chiudere una porta senza rimorsi, di lasciare che il passato resti dove deve, mentre io cammino verso un futuro che ancora non conosco, ma che finalmente posso chiamare mio.
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